Intervista a Vincenzo Sagone di Amundi sul cambiamento climatico e sul ruolo degli investitori in relazione a questa tematica..
03 Novembre 2020 ETFWorld – Riproduzione Vietata in ogni forma anche parziale
Vincenzo Sagone Head of Amundi ETF, Indexing & Smart Beta di Amundi SGR
ETF World: Oggi tutti siamo consapevoli dell’emergenza clima e del fatto che ci restano al massimo dieci anni prima di raggiungere il punto di non ritorno. Che ruolo può avere il settore degli investimenti?
Vincenzo Sagone: Alla fine del 2019, il patrimonio gestito dalle società di investimento in tutto il mondo ammontava a 90 mila miliardi di dollari(1) , il che corrisponde a cinque volte il Pil di tutti i Paesi dell’Unione Europea messi insieme! Con capitali di tale portata da investire, i gestori patrimoniali hanno l’opportunità di fare da traino a un cambiamento sostenibile.
ETFWorld: Ma il clima è veramente un tema caro agli investitori?
Vincenzo Sagone: Assolutamente sì, in misura crescente e per diversi motivi. Primo, per gestire i rischi correlati al clima, come il rischio di transizione o i rischi fisici. Secondo, per stare al passo degli sviluppi normativi: governi e associazioni di categoria di tutto il mondo stanno introducendo regole sempre più rigide sull’impatto climatico. Non da ultimo per la performance, infatti gli investimenti sostenibili e sul clima hanno mostrato, negli ultimi cinque anni, un profilo di rischio e rendimento promettente. Se esaminiamo gli indici MSCI nella loro versione standard e sul clima in diverse regioni, la versione sul clima ha riportato performance migliori a 1, 3 e 5 anni(2).
ETFWorld: Gli investitori devono rivolgersi per forza alle strategie attive per produrre un impatto positivo sul clima?
Vincenzo Sagone: No affatto, gli approcci indicizzati negli investimenti climatici esistono da tempo. Infatti, nel 2014 Amundi ha partecipato tra i primi allo sviluppo della serie di indici low carbon MSCI Low Carbon Leaders. Recentemente, l’Unione Europea ha sviluppato le certificazioni CTB del benchmark di transizione climatica e PAB di allineamento agli obiettivi dell’accordo di Parigi(3) per dare agli investitori un quadro di riferimento trasparente per gli investimenti sostenibili. Le certificazioni hanno definito con chiarezza i requisiti di decarbonizzazione, in particolare la certificazione PAB ha indicato i criteri di esclusione di specifiche attività.
ETFWorld: In che modo gli investitori possono integrare questi nuovi benchmark nei loro portafogli?
Vincenzo Sagone: Più aumenta il numero delle persone che investono per produrre un impatto positivo sul clima, meglio è. Per questo abbiamo lanciato recentemente una gamma di ETF sul clima a costi contenuti. Questi strumenti, che coprono le principali regioni, consentono agli investitori di integrare le certificazioni UE nel portafoglio in modo semplice, efficace in termini di costo e in linea con gli obiettivi. Raccomandiamo inoltre agli investitori di selezionare attentamente il gestore che si occuperà dei loro investimenti climatici per essere certi che venga adottata una politica di impegno e di voto solida, in linea con i valori dell’investitore. Nel 2019 Amundi ha votato contro il management nel 55% delle assemblee degli azionisti: è importante selezionare un gestore di fondi che non si limiti a parlare di temi ESG, ma che agisca concretamente.
[1] Articolo BCG, Global Asset Management 2020: Protect, Adapt, and Innovate (19 maggio 2020)
[2] Fonte: MSCI al 31 luglio 2020 – Indici MSCI World Climate Change, MSCI EM Climate Change, MSCI Europe Climate Change e MSCI AC Asia Pacific Climate Change.
[3] Regolamento delegato della Commissione Europea del 17.07.2020 che integra il regolamento (UE) 2016/1011 relativamente ai criteri minimi per i benchmark di transizione climatica e di allineamento all’accordo di Parigi dell’Unione Europea. Tale regolamentazione definisce i requisiti tecnici minimi per gli indici sul clima UE, oltre a una serie di requisiti che riguardano i fattori ESG (ambientale, sociale e di governance).
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